Joker

Tra i film per la rubrica che vi consiglio di visionare sorseggiando un buon tè, c’è “The Joker “ diretto da Todd Phillips e interpretato da uno straordinario Joaquin Phoenix del 2019 vincitore di numerosi premi per questo film tra cui un oscar come miglior attore protagonista.

Questa pellicola ci pone di fronte a tematiche del tutto attuali come il rifiuto, l’abbandono, la violenza fisica e psicologica.

Arthur Fleck è un clown dovrebbe fare ridere le persone, proprio perché ha un disturbo che gli genera un’incontrollabile risata eppure vive una vita da depresso, lavorando in precarietà, accudendo la madre malata. Un clown bullizzato, debole, remissivo, insicuro come un bambino senza una via, sognatore di un grande palcoscenico, che ammira pseudo figure paterne di un padre mai conosciuto, un legame col femminile paranoico e inesistente, senza la capacità di relazionarsi veramente con le altre persone, perché la madre lo tiene ancora legato a sè come un bambino.

Seppur Arthur, consapevole del suo disturbo, sia in un processo di psicoterapia, non si sente veramente ascoltato nemmeno dalle istituzioni. Purtroppo questo accade anche oggi, quando ci appelliamo agli assistenti sociali o di quartiere e non possono veramente darci l’aiuto di cui necessitiamo.

Viviamo in una società che non si preoccupa delle reali esigenze singole di ogni individuo purtroppo. Forse Arthur Fleck non aveva bisogno di scrivere un diario ed essere imbottito di medicinali, forse aveva bisogno di scoprire prima chi era e da dove veniva il suo disturbo compulsivo.

Inizialmente vediamo Arthur come un uomo in realtà dotato di sensibilità ed empatia, ma il sentirsi rifiutato dalla società lo porta a una crescente aggressività per proteggere il suo bambino interiore ferito.

La depressione porta a sentirsi incompresi e fuori posto, non ci sentiamo valorizzati dagli altri e questo ci fa stare male fino a disconnetterci dalla realtà. Un disturbo compulsivo come quello di Arthur porta ad ansia di prestazione e vergogna minando l’autostima dell’individuo.

Il rifiuto da parte della persona che lui pensa essere il padre, lo porta a un delirio ancora maggiore fino a divenire completamente succube del suo lato ombra, che altro non è lo sviluppo di un alterego più forte, ma violento, che serve a proteggere il piccolo e incompreso Arthur.

Arthur vorrebbe una vita normale, come fare il comico e avere una fidanzata, ma pur continuando a sognare di fronte alla realtà si accorge che non può.

I reietti, gli abbandonati, i rifiutati avrebbero bisogno di reale ascolto, comprensione, gentilezza, di quel calore umano che non hanno potuto ricevere in una famiglia sana, perché in realtà sono persone molto sensibili e facilmente feribili.

Raramente per il loro vissuto riescono a fidarsi di qualcuno e quando lo fanno danno tutto loro stessi, facilmente possono sentirsi traditi nell’animo, pur sperando fino alla fine in un lieto fine.

Spesso i traumi risiedono nell’infanzia come quello di Arthur, ma solo scavando nel passato anche quello più doloroso, scopriamo veramente chi siamo e da dove veniamo.

Così scopre di avere avuto un’infanzia fatta di violenza domestica, dove la madre che soffre di sindrome di abbandono, non gli ha mai rivelato che non è malato, ma che il suo disturbo deriva da un trauma celebrale dovuto alle percosse ricevute.

Un bambino abusato senza un padre con una madre che non ha saputo proteggerlo, diventa così nel Joker un’alterego sicuro di sè, che utilizza la sua risata per riscuotere il passato fino ad arrivare all’apice della violenza, la stessa ricevuta da bambino.

“La parte peggiore di avere una malattia mentale è che la gente si comporta come se tu non l’avessi” (Arthur Fleck)

 

Joker

The Joker di Todd Phillips del 2019 con Joaquin Phoenix

 

 

 


Arthur Fleck’s Story – The Joker

Testo articolo in inglese

Among the films for the column that I recommend you watch while sipping a good tea, there is “The Joker” directed by Todd Phillips and starring an extraordinary Joaquin Phoenix from 2019, winner of numerous awards for this film including an Oscar for best leading actor.

This film puts us in front of very current themes such as rejection, abandonment, physical and psychological violence.

Arthur Fleck is a clown who should make people laugh, precisely because he has a disorder that generates an uncontrollable laugh and yet he lives a depressed life, working in precarious jobs, taking care of his sick mother. A bullied clown, weak, submissive, insecure like a child without a way, dreamer of a big stage, who admires pseudo father figures of a father he never knew, a bond with the paranoid and non-existent feminine, without the ability to truly relate to other people, because his mother still keeps him tied to her like a child.

Even though Arthur, aware of his disorder, is in a psychotherapy process, he doesn’t feel truly listened to even by the institutions. Unfortunately this still happens today, when we appeal to social workers or neighborhood workers and they can’t really give us the help we need.

We live in a society that doesn’t care about the real individual needs of each individual unfortunately. Maybe Arthur Fleck didn’t need to write a diary and be stuffed with drugs, maybe he needed to find out first who he was and where his compulsive disorder came from.

Initially we see Arthur as a man actually endowed with sensitivity and empathy, but feeling rejected by society leads him to an increasing aggression to protect his wounded inner child.

Depression leads to feeling misunderstood and out of place, we don’t feel valued by others and this makes us feel bad to the point of disconnecting from reality. A compulsive disorder like Arthur’s leads to performance anxiety and shame, undermining the individual’s self-esteem.

The rejection by the person he thinks is his father leads him to an even greater delusion until he becomes completely dominated by his shadow side, which is nothing other than the development of a stronger, but violent alter ego, which serves to protect the little and misunderstood Arthur.

Arthur would like a normal life, like being a comedian and having a girlfriend, but even though he continues to dream, when faced with reality he realizes that he can’t.

The outcasts, the abandoned, the rejected would need real listening, understanding, kindness, that human warmth that they could not receive in a healthy family, because in reality they are very sensitive and easily hurt people.

They rarely manage to trust someone because of their experiences and when they do they give their all, they can easily feel betrayed in their soul, even if they hope until the end for a happy ending.

Often traumas reside in childhood like Arthur’s, but only by digging into the past, even the most painful, do we truly discover who we are and where we come from.

So he discovers that he had a childhood made of domestic violence, where his mother who suffers from abandonment syndrome, never revealed to him that he is not ill, but that his disorder derives from a brain trauma due to the beatings received.

An abused child without a father with a mother who was unable to protect him, thus becomes in the Joker a self-confident alter ego, who uses his laughter to redeem the past until reaching the peak of violence, the same one he received as a child.

“The worst part of having a mental illness is that people act as if you don’t have it” (Arthur Fleck)

 

 

 

Category
Tags

No responses yet

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *